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Immagine del redattoreSimone Casonato

Tour 2020: i dati del vincitore Pogacar

Epilogo pazzesco per questo Tour 2020, vinto dal giovane Tadej Pogacar con una cronometro sensazionale al penultimo giorno. La Slovenia ha ottenuto il suo primo vincitore al Tour de France, ma non è stato il nome che aveva dominato la generale fino a sabato mattina: Tadej Pogačar ha stupito Primož Roglič e tutti noi appassionati, cancellando uno svantaggio di 57 secondi a La Planche de la Belle Filles e vincendo il Tour de France per 59 secondi (diventando il secondo ciclista più giovane a vincere la gara).

Non solo, Tadej ha anche vinto una delle tappe del Tour più drammatiche di tutti i tempi, battendo anche Tom Dumoulin, ex campione del mondo a cronometro ed autore di una prova fantastica specie nella prima parte. Roglič, completamente distrutto, è arrivato sul traguardo quasi due minuti dietro Pogačar, e rimarranno impresse in tutti noi le immagini della sua delusione, devastazione, sia fisica che psicologica.

Il Tour di Pogacar rimarrà negli annali come una delle rimonte più scioccanti nella storia del Tour, insieme a quella di Greg Lemond durante la ventunesima tappa del Tour 1989. Peraltro, la squadra UAE – Emirates di Pogacar diventa una delle squadre più deboli a vincere il Tour de France, mentre il 21enne sloveno tornerà a casa con le maglie di miglior giovane, miglior scalatore e vincitore della Grand Boucle.


La cronometro della verità


Roglic non è certamente stato brillante sabato, specie sulla salita finale, ma è arrivato solo a circa 30 secondi da Dumoulin, uno che ha vinto l’iride nella specialità e appariva come favorito per la tappa, caratterizzata da una prima parte da oltre 50 di media e dalla scalata finale.

Pogacar del resto non sembrava arrivare alla crono nella forma della vita, e aveva dato l’impressione di non essere in grado di scombinare i piani della corazzata Jumbo capitanata da Roglic. Il giovane atleta UAE invece ha tirato fuori una strabiliante prova avantaggiandosi di 3,2 sec/km su Roglic nel corso dei 36 km di cronometro. Questo è il tipo di gap che normalmente si vede tra il miglior cronoman in gara ed uno scalatore meno portato, non un divario tra due dei migliori specialisti del mondo.

Già invece nei tre chilometri prima dell’inizio della salita, Pogacar aveva rifilato a Roglic 31 secondi, ed il dato era abbastanza scioccante, dal momento che Roglic è un campione del mondo a cronometro e storicamente è stato molto più veloce in pianura a cronometro (alla scorsa Vuelta ha rifilato 90 secondi a Pogacar in 36 km, nella tappa di Pau).


Scorrendo le immagini però si notava Primoz scomposto, in posizione aero con la testa alta e significativamente meno aerodinamico di Pogacar, che invece procedeva compatto ed aero come sempre nei tratti rettilinei. Questi piccoli errori tecnici sono solitamente indicativi di stanchezza e poca lucidità per atleti di questo calibro.


Arrivati al tratto di salita, interessante il tempo di scalata della parte finale della cronometro: Pogacar ha migliorato infatti il record della scalata, che apparteneva a Fabio Aru quando (nel 2017) riuscì a far deragliare il trenino Sky ed imporsi nella prima settimana di Tour. Rispetto alla prestazione di Aru, quella di Tadej assume ancor più valore in quanto la scalata arriva dopo una prestazione in apnea sin dal primo km, senza possibilità di sfruttare il lavoro di un treno in salita e con il peso della terza settimana di un Tour così stressante. Inoltre, il vento quest’anno era leggermente contrario rispetto al Tour del 2017, in cui il sardo aveva migliorato a sua volta il precedente primato di Froome di 8’’ (2012), con una prova di forza a 6,45 w/kg e 1859 m/h di Vam su circa 16’12” di sforzo.

Per rivedere l’articolo con l’analisi completa dei dati del Tour 2017, cliccate qui.


Il tempo di Pogacar sui 5,8 km finali di scalata all’8,66% medio di pendenza risulta di 16’10” pari a 21,45 km/h di media e 1863 m/h di Vam; potenza stimata sui 6,48 w/kg che per la maglia gialla significano circa 425w medi. Valori davvero elevati ma compatibili con la fisiologia umana, con Porte secondo nella performance in salita con 16’32” (6,3 w/kg e stesso tempo del Tour 2017) e podio finale a Parigi.

Altrettanto rilevante è la scalata di Van Aert, terzo con 16’52” pari a 1786 di Vam (6,2 w/kg) e sempre più in crescita su ogni terreno, dalla crono alle doti di scalata nelle tre settimane. Guardando i tempi dell’ultima salita della crono di sabato, anche se Roglic avesse percorso l’ultima salita insieme a Porte, il che sarebbe stato un ottimo risultato, i 36 secondi persi nei primi 30 km in piano gli sarebbero costati comunque la maglia gialla per 1 secondo.


Il confronto con la vittoria della nona tappa


Molto interessante confrontare queste stime, che ricordo sono frutto di formule matematiche e quindi hanno un valore scientifico relativo e non assoluto, con i dati reali del powermeter di Tadej.

La vittoria della nona tappa di questo Tour, in realtà, conferma i valori che abbiamo stimato per l’atleta sloveno. L’analisi della sua tappa infatti mostra una corsa tiratissima per tutti i 155 km, conditi da 3400m di dislivello per quasi 4h di sforzo e oltre 4300 kj di lavoro svolto.



Con una fuga che poteva arrivare al traguardo di giornata, il ritmo è stato importante sin dalla partenza, per poi continuare con le trenate impresse dalla Jumbo-Visma nelle varie ascese di giornata. I primi 55 km sono stati corsi ad oltre 47 di media, il che significa oltre 4 w/kg per gli atleti di vertice come Tadej presenti nel gruppo dei big ma in balia dei tentativi di fuga.


Quando sono cominciate le salite principali di giornata, dopo circa 60 km, il gruppo dei migliori si è selezionato dapprima con la scalata al Col de la Hourcere, percorso sotto il ritmo impresso da Van Aert a 4,9 w/kg per 20′ circa di sforzo; la successiva scalata è stata conclusa invece col tempo di 35min45sec alla potenza media di 394w, pari a 6 w/kg e ha permesso una scrematura finale del gruppo.

Dopo aver scollinato il GPM del Col de la Soudet, Pogačar e il resto dei favoriti hanno goduto di una lunga discesa a valle, con più di 40 minuti di recupero fino alla successiva salita della giornata.


La breve scalata al colle di terza categoria, Col d’Ichère (4,5 km al 6,1% medio) ha rappresentato l’antipasto per il col de Marie Blanque ed il gruppo maglia gialla ha scollinato ad oltre 24 km/h di media: per Tadej una potenza media pari a 380 w su 10’49” e 5,8 w/kg. Il Team Jumbo-Visma ha continuato a fare la selezione utilizzando le gambe di Roberto Gesink, poi Van Aert e poi l’americano Sepp Kuss che ha pilotato il gruppo sul Col de Marie Blanque.

A circa 4 km dalla fine la pendenza è cresciuta fino a un 10-11% ed è qui che Pogačar ha piazzato il suo attacco, 18 secondi a 850w medi (quasi 13w/kg) che gli hanno permesso di fare la selezione e di avere le prime risposte dagli avversari. Roglič ha risposto al primo attacco di Pogačar, così come Bernal e Landa. La maglia gialla Adam Yates ha iniziato a pagare dazio, insieme a Miguel Ángel López e Nairo Quintana.


Pogačar ha continuato a sostenere un ritmo forsennato, a quasi 7 w/kg terminando poi la scalata con un best cp10′ pari a 441w ossia 6,7 w/kg. Valori davvero impressionanti, considerando appunto le precedenti ascese spinte sempre a buon ritmo dal gruppo Jumbo. Lo sprint tra i due sloveni ha poi premiato proprio Tadej su Primoz, mentre l’ascesa totale di 24min28sec è stata percorsa a 420w medi pari a 6,4 w/Kg.


Nel 2005, Pereiro aveva percorso la stessa scalata con 1min09sec in più mentre Rasmussen nel 2006 aveva impiegato 3 minuti in più, il che testimonia il valore di assoluto livello delle prestazioni di questo Tour 2020 e conferma poi quanto stesse crescendo il giovane sloveno rispetto alla Vuelta 2019. Questi valori che, ripetuti e migliorati nella terza settimana, hanno permesso a Pogacar una sorprendente rimonta fino ad arrivare a Parigi in giallo.


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